Riforma del Terzo Settore. Cosa cambia e come

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Dalle pagine dell’ Avvenire di Calabria” il direttore del CSV dei due mari Giuseppe Pericone e l’addetta alla Documentazione e informazione Wanda De Fontis hanno spiegato come cambierà il Terzo Settore  con  Il decreto legislativo n. 117 del 2017, c.d. Codice del Terzo Settore. Perché quest’ultimo possa essere pienamente operativo si attende l’emanazione di tutti i correlati e necessari decreti ministeriali. Al termine di tale processo e dell’attuale periodo di transizione, verranno definitivamente accantonate, perché abrogate, le diverse normative di settore, tra cui due leggi storiche come quella sul volontariato (L. 266/91) e quella sulle associazioni di promozione sociale (L. 383/2000). Anche le cosiddette Onlus verranno meno e tutti gli enti si dovranno riconoscere in una delle sette tipologie previste per gli Enti del Terzo Settore (Ets): organizzazioni di volontariato; associazioni di promozione sociale; imprese sociali (incluse le attuali cooperative sociali); enti filantropici; reti associative; società di mutuo soccorso; altri enti del Terzo Settore. «Nulla sarà come prima» già tuonano i nostalgici, magari anche quelli che giudicavano come inadeguate le leggi sinora vigenti. Vero è che tutti gli enti di terzo settore, e in modo particolare il mondo del volontariato e della promozione sociale, sono innanzitutto chiamati ad una profonda revisione.

La riforma, dunque, è l’occasione per pensare alla propria storia, per guardare alla strada compiuta e, soprattutto, per interrogarsi su come si vorranno ancora perseguire le finalità associative e su come si vorrà impostare l’operatività futura. In questo senso la riforma, oltre un vincolo, rappresenta un’opportunità. Nessun ente deve pensarsi in modo scontato.  Non si potrà dire: «Abbiamo fatto sempre così!». Nessun ente di Terzo Settore deve ritenersi estraneo alla riforma, sarebbe un errore. Anche in questa delicata fase, sarà possibile, per chi lo ritiene, farsi accompagnare da un Centro servizi per essere supportati in questa delicata fase di discernimento. Le scelte che ogni organizzazione opererà, poi, implicheranno delle diverse procedure e, in ogni caso, la revisione degli statuti associativi. Ultimo step della riforma, infatti, sarà l’istituzione del Registro unico nazionale del terzo settore (Runts) che sostituirà albi e registri vari, oggi esistenti, e che si comporrà di sette sezioni, all’interno delle quali potranno iscriversi le correlate sopra enunciate categorie di enti.

Per potersi iscrivere al Runts, gli enti di Terzo Settore (già costituiti alla data del 3 agosto 2017, data di entrata in vigore il Codice del Terzo Settore), dovranno adeguare i propri statuti alle disposizioni ivi contenute. È dello scorso 27 dicembre l’attesa circolare del Ministero del lavoro e delle Politiche Sociali che chiarisce alcuni aspetti legati agli adeguamenti statutari (da effettuarsi entro il 2 agosto 2019) derivanti dall’applicazione del codice. La succitata circolare contiene un elenco di valide indicazioni affinché gli enti possano iniziare il processo di revisione dei propri statuti, nonché delle precisazioni utili a chiarire cosa dovranno contenere obbligatoriamente, o facoltativamente, gli statuti. Sebbene si rimanga ancora in attesa di un’ulteriore decreto interministeriale che chiarisca alcune criticità, la circolare scioglie alcuni dubbi interpretativi e ribadisce, l’osservanza di alcuni obblighi riguardanti la democrazia interna, la trasparenza nei bilanci, gli eventuali rapporti di lavoro, i rimborsi spese, l’assicurazione dei volontari, la destinazione degli eventuali utili. Invero la necessità di procedere alle modifiche statutarie potrebbe anche essere il momento, per come si diceva, per operare una revisione più generale dello statuto (soprattutto se datato o carente). È uno sforzo, forse un appesantimento. Ma anche un’occasione non facilmente ripetibile.

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