Morire a 28 anni da invisibile. Il dramma di Valerio deve interrogare la comunità

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Valerio spesso frequentava la mensa, e dunque, la Casa della Solidarietà a Catona. Nuova Solidarietà lo conosceva e lo ha sempre accolto. La notizia della sua morte, raccontata da Gabriella Lax sulle pagine de ilreggino.it (https://www.ilreggino.it/cronaca/2020/04/26/dramma-a-reggio-calabria-valerio-muore-nel-sonno-fra-le-rovine-di-una-vecchia-caserma/), travolge l’associazione e i suoi volontari che più volte gli hanno offerto un letto e soprattutto un tetto sotto il quale trascorrere la notte. Un colpo al cuore perché rappresenta nella sua più cruda drammaticità la fine di una vita che non dovrebbe appartenere ad un ragazzo di 28 anni. Ma storie come Valerio, in città, purtroppo ce ne sono tante. A volte l’impegno di Caritas, o Nuova Solidarietà o di altre associazioni che si preoccupano per la vita degli ultimi degli ultimi, sembrano non bastare. Lo sconforto assale gli animi di chi sembra essere impotente, nonostante lo sforzo dell’accoglienza. Per associazioni che combattono ogni forma disgregazione sociale, ogni frammentazione umana che spinge uomini e donne su un ciglio di una strada, i ragazzi come Valerio non sono invisibili; ma risultano esserlo agli occhi di una comunità troppo distratta.

Valerio è morto nella solitudine della sua afflizione, nel boato del silenzio di una città troppo sorda…troppo muta.

La povertà è rilegata all’attenzione di pochi soggetti, di poche realtà sociali che si trovano ad affrontare un fenomeno sempre più ingombrante. L’epidemia del Coronavirus erroneamente ha fatto credere che le fasce di popolazione economicamente più deboli, sono aumentate. Invece, semplicemente, in questo periodo di quarantena si sono notate con evidenza. Quell’involucro di dignità che inibiva padri e madri di famiglia a ritirare un pacco di viveri, si dissolveva man mano che le restrizioni dell’isolamento aumentavano.

Il ceto medio della collettività, in poche settimane si è appiattito verso il basso, e la disperazione invadeva mura di casa troppo strette per contenere la paura di un futuro incerto.

Il dramma di Valerio deve interrogare tutti. Sembra essere un caso limite, ma di fatto non lo è. Si è manifestato nella sua più totale sofferenza, ma quanti casi di solitudine, di angoscia, di disorientamento…effettivamente ci sono nella nostra comuinità? Nel nostro paesino…nel nostro quartiere… nel nostro condominio…nella nostra famiglia!

Siamo chiamati ad una responsabilità civile e morale. Abbiamo il dovere se non di prenderci cura, quanto meno di preoccuparci del nostro vicino, del nostro fratello, che silenziosamente ci chiede aiuto.

In queste settimane di sconforto, la mensa della Casa della Solidarietà non ha mai chiuso. Grazie ai dirigenti e ai volontari di Nuova Solidarietà anche nei giorni di festa, chiunque abbia avuto bisogno di un pasto caldo è stato servito, con i più ampi margini di sicurezza. Per l’associazione, non si tratta esclusivamente di offrire qualcosa, ma si tratta di costruire una piccola ancora di salvezza. Si tratta di costruire un modesto punto di riferimento difronte alla tempesta della povertà e della solitudine. Si tratta di essere testimonianza di ascolto. Si tratta di costruire missionari di solidarietà.

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