Padre Aurelio Cannizzaro missionario di fraternità

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– di Enzo Petrolino*

Fare memoria.
Sicuramente la “memoria” rende affascinanti i nostri ricordi perché riveste di una patina vaga e indefinita di sensazioni indeterminate le immagini legate alla nostra giovinezza e ci permette un ritorno a quel mondo passato, nella rievocazione di un tempo e di uno spazio perduti ed, altrimenti, inafferrabili senza la memoria. Scriveva Dostoevskij nei Fratelli Karamazov «Sappiate, che non c’è nulla di più elevato, di più forte, di più sano e di più utile nella vita che un bel ricordo… Se un uomo riesce a raccogliere molti di questi ricordi per portarli con sé nella vita, egli è salvo per sempre. E anche se uno solo di questi ricordi rimane con noi, nel nostro cuore, anche quello solo può essere un giorno la nostra
salvezza». Questa citazione richiama alla nostra attenzione l’importanza dell’atto del ricordare che ci accompagna per tutto il corso della vita. È necessario però che la memoria personale si trasformi in memoria collettiva. Ma è anche importante fare memoria dei luoghi come il Parco della Mondialità perché significa attribuire ai luoghi un potenziale, un valore formativo e orientativo, nonché considerarli come generatori di identità. Perché un luogo parla o viceversa può essere sfortunatamente messo a tacere (dimenticanza, abbandono, oblio).
Così ricordare Padre Aurelio Cannizzaro, significa fare memoria della presenza dei padri Saveriani nel nostro territorio, il grande apporto dato alla nostra diocesi per il risveglio missionario.
P. Aurelio missionario di fraternità nel senso più autentico del termine avendo adottato il motto che troviamo sopra la sua tomba: «Andate in tutto il mondo, predicate il Vangelo ad ogni creatura».
È il tratto missionario di tutti i battezzati. Padre Aurelio nasce a Palmi 14 maggio 1917. All’età di diciotto anni, dopo avere frequentato a Reggio le scuole magistrali, sentendosi portato verso l’attività missionaria, si trasferì in un istituto missionario in provincia di Cremona. Quattro anni dopo, il 29 giugno 1945, a Parma fu ordinato sacerdote assieme ad altri otto saveriani.
La sua avventura missionaria inizia a Pechino, nella Cina Mao Tse Tung, da dove, durante la dura repressione antireligiosa della rivoluzione culturale, è stato espulso con l’accusa di «essere entrato in Cina sotto pretesto di predicare la Religione, ma col vero scopo di trafficare ai danni del popolo». Costretti a partire in meno di mezz’ora, i tre saveriani scrivono: «Ci hanno cacciati come cani. Partiamo verso l’ignoto, tristi ma non accorati».
Nel settembre del 1953 si apre per i saveriani la porta indonesiana del dittatore Suharto. Padre Cannizzaro dice: «È tempo che ci interessiamo della gente delle Mentawai». Quello che colpì noi giovani di allora che abbiamo avuto la fortuna di incontrare p. Aurelio è il racconto della sua esperienza nelle Mentawai. Una terra sconosciuta per tutti noi. Rimanevamo incantati e pieni di stupore nell’ascoltarlo. Racconta che il 3 dicembre, dopo circa diciotto ore di navigazione, l’imbarcazione entra nel Golfo di Siberut. Padre Cannizzaro stabilisce il suo quartier generale su una baia che aveva denominato dopo “Terra di Maria” perché in quel posto aveva seminato un pugno di medaglie della Madonna. Su quelle isole nessun missionario aveva mai predicato il Vangelo. P, Aurelio aveva sentito dire che nella migliore delle ipotesi «i mentawaiani accoglievano i forestieri con frecce avvelenate, includendo talvolta le parti migliori dei malcapitati nel menù del giorno». Gli isolani erano animisti guidati da stregoni. Padre Cannizzaro dovette apprendere la loro lingua e adattare linguaggio e riti per l’evangelizzazione. Cosa che ha fatto non senza difficoltà, con un salto di mentalità, scoprendo anzitutto le affinità religiose ed i valori essenziali della vita:
1 monoteismo, monogamia, mitezza ed armonia con il creato. Si racconta che un giorno padre Aurelio riceve una lettera dalla mamma: “Caro figlio, ti penso sempre e prego la Madonna perché ti protegga. Ti ho mandato un libro: “L’arte di mangiar bene”. Ti sarà più utile: prepara un buon piatto per te e i tuoi confratelli, che vi farà bene!”. Padre Aurelio ringraziò la mamma per il regalo, ma si lamentò che nel libro non c’erano le ricette per cucinare carne di scimmia o di serpente, né per fare i ripieni con i germogli di bambù. Si era già abituato ai cibi dell’isola. L’avventura evangelizzatrice tra i primitivi delle Mentawai si concluse però dopo appena un triennio. Assalito da febbre altissima diagnosticata malaria tropicale, padre Cannizzaro è costretto al rientro in Italia.
L’esperienza vissuta in questi particolari luoghi lo spinse a scrivere il libro, Tra i primitivi delle Mentawai.
Ma la missione di padre Cannizzaro non si è interrotta perché, come egli stesso scrive: «Feci il girovago di Dio tra seminari, scuole pubbliche e private, fabbriche, case per anziani, carceri, ospedali». Nel 1967, a causa di una grave malattia contratta dalla madre, chiese ed ottenne di ritornare a Reggio e dopo due anni vissuti in famiglia approdò nel santuario di Gallico e vi rimase per 25 anni. Qui intraprese un altro tipo di attività missionaria che trovò subito dopo uno sbocco con la realizzazione del «Parco della mondialità», un’opera, come egli stesso asserì, dove «convengono tutti i tipi di raggruppamenti ecclesiastici e ne ripartono con aumentato senso missionario».
Un’opera composta da una casa, da un santuario e un grande parco ricavato sfruttando un argine demaniale ed i materiali di una fiumara. Per padre Cannizzaro, il «Parco della Mondialità significa uscire dal chiuso dell’Io per ritrovarsi con Dio, amore per tutti gli uomini, per tutti i viventi, per tutte le cose». Le costruzioni assumono l’architettura della pagoda o della moschea, della muraglia cinese, del tucul o del totem indiano. Le cappelle rappresentano il Presepe dei Popoli, la Via Crucis, l’Orto degli Ulivi, i gruppi monumentali del Calvario, dell’Ascensione e della Pentecoste.
Padre Aurelio aveva anticipato in fondo quello che papa Francesco scriverà nella Fratelli tutti: La fraternità ha qualcosa di positivo da offrire alla libertà e all’uguaglianza. Che cosa accade senza la fraternità consapevolmente coltivata, senza una volontà politica di fraternità, tradotta in un’educazione alla fraternità, al dialogo, alla scoperta della reciprocità e del mutuo arricchimento come valori?
Questo grande valore ci ha lascito Padre Aurelio, che era stato mandato a Gallico provvisoriamente, vi rimase fino a quando un tumore ne stroncava la forte fibra missionaria. All’alba del 26 marzo 1992, assistito da p. Franco Saraceno, oggi Rettore del Santuario, a cui do la parola. Seguirà il saluto del Presidente dell’Associazione Fortunato Scopelliti e del Vicario Zonale don Maurizio Demetrio.
Porteranno la loro testimonianza, per aver conosciuto personalmente p. Aurelio, Pietro Furfari, Angela Martino, Enzo Siclari e Oreste Arconte.
Dopo il Rosario e la Celebrazione Eucaristica sarà proiettato un video sul Parco della Mondialità.

* Diacono, Assistente spirituale dell’Associazione

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